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Libia, debolezza della politica
Presa di posizione
«Non possiamo tacere la triste verità di un'operazione militare che, per quanto legittimata dal voto di una incerta e divisa comunità internazionale, porterà ulteriore dolore in un'area così delicata ed esplosiva, piena di incognite ma anche di speranze. Le operazioni militari contro la Libia non ci avvicinano all'alba, come si dice, ma costituiscono un'uscita dalla razionalità, un' "odissea" perché viaggio dalla meta incerta e dalle tappe contraddittorie a causa di una debolezza della politica».


È la presa diposizione dei mons. mons. Giovanni Giudici, presidente di Pax Christi Italia. Il quale sottolinea che «il regime di Gheddafi ha sempre mostrato il suo volto tirannico. Pax Christi, con altri, ha denunciando le connivenze di chi, Italia in testa, gli forniva una quantità enormi di armi senza dire nulla sui diritti umani violati in Libia, sulla tragica sorte delle vittime dei respingimenti, su chi muore nel deserto o nelle prigioni libiche. Il dio interesse è un dio assoluto, totalitario, a cui tutto va immolato. Anche a costo di imprigionare innocenti, torturarli, privarli di ogni diritto, purché accada lontano da qui. In Libia».


Mons. Giudici, mentre ricorda che «il Colonnello era già in guerra con la sua gente anche quando era nostro alleato e amico», propone «cinque passi di speranza e uno sguardo di fede».


«Primo. Constatiamo l'assenza della politica e la fretta della guerra. È evidente a tutti che non si sono messe in opera tutte le misure diplomatiche, non sono state chiamate in azione tutte le possibili forze di interposizione. L'opinione pubblica deve esserne consapevole e deve chiedere un cambiamento della gestione della politica internazionale».


«Secondo. Si avverte la mancanza di una polizia internazionale che garantisca il Diritto dei popoli alla autodeterminazione».


«Terzo. Non vogliamo arrenderci alla logica delle armi. Non possiamo accettare che i conflitti diventino guerre. Teniamo desto il dibattito a proposito delle azioni militari, chiediamo che esse siano il più possibile limitate e siano accompagnate da seri impegni di mediazione. Perchè si sceglie sempre e solo la strada della guerra? Ce lo hanno chiesto più volte in questi anni i tanti amici che abbiamo in Bosnia, in Serbia, in Kosovo, in Iraq».


«Quarto. Operiamo in ogni ambito possibile di confronto e di dialogo perché si faccia ogni sforzo così che l'attuale attacco armato non diventi anche una guerra di religione. In particolare vogliamo rivolgerci al mondo musulmano e insieme, a partire dall'Italia, invocare il Dio della Pace e dell'Amore, non dell'odio e della guerra. Ce lo insegnano tanti testimoni che vivono in molte zone di guerra».


«Quinto. Come Pax Christi continuiamo con rinnovata consapevolezza la campagna per il disarmo contro la produzione costosissima di cacciabombardieri F-35. Inoltre invitiamo tutti a mobilitarsi per la difesa della attuale legge sul commercio delle armi, ricordiamo anche le parole accorate di don Tonino Bello: «Dovremmo protenderci nel Mediterraneo non come "arco di guerra" ma come "arca di pace"».


Mons. Giudici nel sottolineare che «Giovanni Paolo II per molti anni ha parlato dei fenomeni bellici contemporanei come "avventura senza ritorno", "spirale di lutto e di violenza", "abisso del male", "suicidio dell'umanità", "crimine", "tragedia umana e catastrofe religiosa"» si rivolge ai credenti rimarcando che «nella fede comprendiamo che di mali come la guerra sono complici anche l'acquiescenza dei buoni, la pigrizia di massa, il rifiuto di pensare. Chi è discepolo del Vangelo non smette mai di cercare di comprendere quali sono state le complicità, le omissioni, le colpe. E allo stesso tempo con ogni mezzo dell'azione culturale tende a mettere a fuoco la verità su Dio e sull'uomo».
24/03/2011 - Fonte: Nigrizia

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