Africa, sognare oltre l’emergenza racconta in presa diretta cosa ha visto e vissuto in 40 anni d’Africa (25 nella zona dei Grandi Laghi e 15 a Korogocho-Nairobi, Kenya) un volontario di nome Gino Filippini. Una persona che si è messa al servizio della storia della gente di questa terra. Un sognatore, ma non esaltato; discreto, ma efficace; laico, ma non sposato; di grande fede, senza essere clericale; volontario, ma non appartenente ad alcuna organizzazione; capace di dare spazio e protagonismo effettivo alla gente.
Il libro non è, tuttavia, la storia di una persona, ma ripercorre i temi della cooperazione, ci aiuta a conoscere le cause, non solo gli effetti, dei problemi. Si parte dal 1967 in un clima culturale di grande effervescenza e rinnovamento. «Pensavamo di andare a risolvere i problemi del Terzo mondo e della fame. L’idea iniziale era: siamo noi che sappiamo, conosciamo, abbiamo i mezzi, abbiamo tutto, andiamo là e facciamo lo sviluppo! Poi la crisi della cooperazione: adesso non bisogna più andare giù! Perché il problema è qui. Come il problema è qui? Eh sì, perché il problema lo si osserva là nelle sue manifestazioni, sottosviluppo, povertà, ecc., ma le radici del problema non stanno là, stanno qui, per cui bisogna lavorare sulle radici e non sugli effetti. Quindi è inutile andar giù, bisogna impegnarsi qui!». In sostanza, si iniziava a chiedersi se si stavano attaccando le manifestazioni della povertà o le cause.
Il passo successivo fu identificare l’ownership dei progetti: chi è il proprietario degli aiuti? L’ente internazionale? Lo stato? La ong? La risposta che prevalse fu: la comunità locale. Quindi, prima di tutto, bisognerà conoscerla, capire quali sono i suoi bisogni. Sì, ma di bisogni ce ne sono tanti. Chi è che dice: «È questo da cui partire?”. Chi sono i rappresentanti di questi bisogni?
Il libro spiega concretamente questi passaggi fatti nelle varie iniziative in cui Gino è stato coinvolto. Progetti agricoli, emergenze, slum... Ma la particolarità che racconta è che Gino non ha seminato progetti: è stato lui stesso seme piantato nelle profondità della storia dell’Africa, nella terra dei contadini del Burundi e del Rwanda, nei rifiuti della discarica di Nairobi, nella vita della chiesa missionaria e nella cooperazione.
Imperdibili le lettere da Korogocho. Nel 2001 rimase solo nella baraccopoli per diversi mesi. Così, tutti a chiedergli: «Come fai solo a Korogocho?». E lui: «Solo? Sono in mezzo a 100mila persone! A volte, noi bianchi non vediamo che noi stessi. Gli altri è come se non esistessero. A Korogocho noi bianchi siamo ospiti di una comunità che ci accoglie. In fondo, siamo solo comparse: rimaniamo qualche anno, a differenza dei baraccati che ci stanno tutta la vita».
Leggete questo testo con calma. C’è la passione per la vita: l’espressione che passa attraverso l’esperienza. Questo libro serve a conservare per rimettere in circolo il seme di un’esperienza: 40 anni di una sentinella che annuncia un nuovo giorno, che, se vorrete, vi guarderà in faccia. (Fabrizio Floris)
Paoline, 2012, pp. 272, € 15,00 |