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Kenya: ancora scontri al Nord
Scontri nel Nord: nuovo attacco nella notte.
Resta alta la tensione nel nord del Kenya, dove durante la notte si è verificato un nuovo attacco ancora legato agli scontri per il controllo di pascoli e bestiame avvenuti nei giorni scorsi non lontano dal confine con l’Etiopia e che finora sono costati la vita a quasi 70 persone. Lo hanno riferito alla MISNA fonti della diocesi di Marsabit, la principale città dell’omonima regione che dista oltre 500 chilometri da Nairobi, precisando che un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nel cuore della notte nel villaggio di Maikona (un centinaio di chilometri da Marsabit).
Fortunatamente il bilancio dell’aggressione si limita a una decina di capanne bruciate e alcune saccheggiate, visto che la popolazione del villaggio aveva abbandonato le proprie abitazioni nel timore di nuove violenze.
Il nome di Maikona si aggiunge così a quello di Torbi (130 chilometri a nord di Marsabit), dove martedì scorso si è verificato il primo e più sanguinoso attacco, e di Boubissa, teatro sempre martedì di un’imboscata. Protagonisti di tutti questi episodi sarebbero due gruppi di uomini armati appartenenti alle etnie Gabra e Burana, che si contendono capi di bestiame, scarsi pascoli e pochi punti d’accesso all’acqua. Nel frattempo, fonti ospedaliere hanno fatto pervenire alla MISNA un bilancio definitivo degli scontri degli ultimi giorni precisando che sono 67 le vittime totali (58 a Torbi e 9 a Boubissa) e 29 i feriti, 6 dei quali sono stati trasferiti all’ospedale Kenya National di Nairobi. Tra questi ultimi si trova anche il missionario comboniano di origine filippina Aldrin Talacios, che martedì era alla guida del veicolo finito nell’imboscata di Boubissa. Le sue condizioni sono segnalate “buone”.
A 48 ore di distanza, in tutta la regione di Marsabit permane il clima di forte insicurezza e grande paura e migliaia di persone vengono segnalate in fuga dai propri villaggi nel timore di nuovi regolamenti di conti tra gli uomini di Gabra e Burana, mentre fonti locali giudicano insufficiente il dispiegamento di forze di sicurezza garantito finora dal governo centrale.
“Sul terreno sono stati inviati 90 agenti di polizia, mentre due elicotteri sorvolano la zona tra Marsabit e Torbi. Unità mobili fanno poi la ronda per le strade di Torbi, dove si è registrato il maggior numero di vittime e focalizzata l’attenzione internazionale. Ma nessuno si sta preoccupando di tutti gli altri villaggi della zona” denuncia James Jirma Galagalo, coordinatore responsabile dello sviluppo della diocesi di Marsabit, raggiunto dalla MISNA al telefono. “Stiamo parlando di una regione che si estende su un’area di circa 70.000 chilometri quadrati e in cui ogni angolo è, adesso, esposto a combattimenti tra le due comunità” aggiunge l’intervistato, sottolineando come quella di Marsabit è un’area semidesertica e arida, dove la presenza governativa è pressoché inesistente e i servizi di base alla popolazione (acqua, educazione, sanità e nutrimento) vengono garantiti dai missionari, dalle comunità religiose locali e dalle organizzazioni non governative presenti.
14/07/2005 - Fonte: MISNA

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