Secondo il governo, sono ormai 3,5 milioni i keniani minacciati dalla carestia, che avrebbe finora provocato in tutto una quarantina di vittime; per le autorità, El Wak è una delle zone più colpite.
“È difficile confermare numeri e cifre precise: posso solo dire che qui negli ultimi venti giorni sono morti 4 bambini, arrivati in condizioni di malnutrizione tali da non poterli salvare” aggiunge la religiosa, che insieme a una consorella del ‘Movimento contemplativo missionario’ di Charles de Foucauld gestisce una piccola struttura di accoglienza. “Per gli adulti è diverso: non abbiamo notizie di decessi, ma un numero elevato di persone è soggetto ad anemia o debolezza. Qui purtroppo è sempre così”.
Di sicuro, aggiunge la missionaria 33enne, originaria di Cuneo, “stanno morendo gli animali, che sono la principale fonte di sostentamento dei Garr, la comunità nomade più diffusa nella zona di El Wak. Abbiamo visto numerose carcasse di animali sulla strada per Mandera”, 200 chilometri più a nord. “Tra gli ospiti, abbiamo nella nostra casa un bambino per malnutrizione grave causata da carenza di proteine: i suoi genitori oggi mi hanno detto che le loro trenta mucche sono tutte morte” dice ancora suor Elisabetta alla MISNA. Questo significa “che non hanno più alcuna fonte di reddito, cioè il latte degli animali messo in vendita ed eventualmente la carne”.
E i soldi, anche se pochi, qui servono innanzitutto per comprare l’acqua: “I pozzi dell’area di El Wak sono salati e inutilizzabili per gran parte della popolazione, a parte qualche anziano che riesce a bere quest’acqua. Altrimenti arriva a dorso di mulo da una località distante una trentina di chilometri, ma non tutti possono permettersi una tanica da 20 litri. Costa 20 scellini, meno di 25 centesimi di euro: lo so, a voi sembra poco ma da queste parti è una cifra elevata” osserva ancora la missionaria-infermiera.
Dalla vicina Somalia arrivano civili in fuga da un’analoga situazione di siccità: “Il confine è tracciato sulla carta ma in alcuni tratti si circola liberamente: le persone provenienti da lì raccontano di una situazione simile. Fuggono nella speranza di trovare aiuti qui a El Wak, la città per loro più vicina”. Una città dove non c’è energia elettrica né, ovviamente, acqua potabile. Ma dove stanno arrivando i primi aiuti: “Il governo ne ha inviati, ieri sono arrivate anche le prime organizzazioni umanitarie, come Oxfam e Medici senza Frontiere: il vero punto critico ora è la distribuzione degli aiuti alimentari. Non basta portarli qui, occorre raggiungere le famiglie nomadi che ne hanno bisogno” aggiunge suor Elisabetta. Che conclude ricordando la “drammatica normalità” di El Wak: “Stamattina a una giovane mamma è stata diagnosticata una tubercolosi ghiandolare, ma nel dispensario locale non ci sono medicine: questo caso non è un legato alla carenza di acqua e cibo, ma è purtroppo accade regolarmente”. |