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Sud Kivu: religiosi nel mirino
L'Arcidiocesi di Bukavu invia un messaggio al presidente
Sacerdoti e religiosi «scomodi testimoni» di una violenza che non si è mai conclusa. Accade in Kivu, nell'est della Repubblica Democratica del Congo, teatro negli ultimi due anni di sanguinosi combattimenti, tra esercito congolese e miliziani tutsi filo ruandesi del Congresso Nazionale per la difesa del Popolo, prima, ribelli hutu del Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (Fdlr), poi.

In mezzo: la popolazione civile, vittima di una guerra per il controllo delle ricche risorse minerarie della regione.
Dopo gli omicidi di padre Daniel Cizimya, ucciso nella notte dal 5 al 6 dicembre, nella casa parrocchiale di Kabare, a una ventina di chilometri a nord-ovest di Bukavu, e di suor Denise Kahambo Murahirwa, assassinata il 7 dicembre, al monastero di Nostra Signora della Luce di Muresha, sempre nell'area di Bukavu, i religiosi dell'Arcidiocesi di Bukavu hanno lanciato, lo scorso 11 dicembre, un accorato appello al presidente congolese Joseph Kabila, affinché intervenga in un contesto sempre più esplosivo.

«Noi, Preti, religiosi e religiose dell'Arcidiocesi di Bukavu riuniti intorno al nostro Arcivescovo, ci rivolgiamo a lei, per chiederle di assicurare la nostra sicurezza e quella delle popolazioni di cui abbiamo la cura» scrivono i sacerdoti di Bukavu. «In città e in campagna, le persone passano le notti senza la speranza dell'indomani, soprattutto i preti che si chiedono a chi toccherà la prossima volta (...)

A chi occorre finalmente rivolgersi quando le strade e i villaggi sono presi d'assalto da persone armate "non diversamente identificate"? I sostenitori della giustizia popolare pescano in acque torbide, incrementate dall'assenza di coloro che devono stabilire il diritto e non fanno nulla. (...) qui, con la cultura della banalizzazione della vita e dell'impunità che si sta diffondendo, si direbbe che si vuole la pace dei cimiteri e che solo quelli che hanno delle armi hanno diritto alla sopravvivenza».

Gli attacchi nei confronti della popolazione e dei religiosi, avverrebbero ad opera sia di ribelli che di uomini dell'esercito. Ne è una dimostrazione l'omicidio della stessa suor Denise Kahambo, uccisa da uomini in uniforme. Gli attacchi nei confronti degli ecclesiastici, «testimoni imbarazzanti di tutte le violazioni dei diritti umani massicciamente perpetrate nel Sud Kivu» continuano tuttavia da almeno due mesi:

«Ciherano, 3 ottobre 2009: saccheggio della casa parrocchiale e presa in ostaggio di un prete e di un seminarista. Nyangezi, 5 ottobre 2009: attacco e saccheggio del complesso scolastico diretto dai fratelli Maristi. Kabare: attacco all'ospedale di Mukongola, due medici sono stati gravemente feriti. Karhale: padre Jérôme Ndaye è stato attaccato da uomini armati in divisa da agenti di polizia».

Per fermare l'escalation di violenza i religiosi di Bukavu hanno chiesto al presidente Kabila di unificare il comando militare della provincia, per evitare che le rivalità di comando e le disparità di trattamento dei soldati alimentino una tensione potenzialmente esplosiva. Chiedono inoltre più equipaggiamenti e risorse per la polizia e antenne di comunicazione per raggiungere le aree più remote della regione.

«Allontanare le Fdlr dalle nostre foreste è un'iniziativa molto lodevole che incoraggiamo» proseguono i sacerdoti. «Ma certi militari a cui è stata affidata questa operazione (..) non rassicurano le popolazioni (...).

L'assenza apparente di una polizia militare, non ci rassicura affatto in quanto agli atti di incivismo e di banditismo sono imputati a certi militari del nostro esercito. Sarebbe auspicabile accasermare e identificare tutti i militari, per evitare la circolazione incontrollata di uomini armati in uniforme non diversamente identificati».
15/12/2009 - Fonte: Nigrizia

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