Un numero imprecisato di civili, secondo fonti diverse alcune centinaia tra cui molte donne e molti bambini, è stato ucciso ieri, nonostante un coprifuoco in vigore da due mesi, in tre villaggi dell’area di Jos (stato di Plateau, centro-nord del paese), Dogo-Na-Hawa, Ratsat e Jeji, nel distretto di Foron; secondo fonti locali, responsabili sarebbero presunti miliziani fulani-hausa, una delle tre principali famiglie etniche nigeriane, scesi dai monti circostanti.
Almeno 70 abitazioni sono state date alle fiamme in questa nuova ondata di violenza che colpisce l’area di Jos, da anni teatro di tensioni di natura economica o politica, di lotte tra influenti personaggi locali, troppo spesso erroneamente definite “religiose” dalla stampa e da alcuni osservatori.
A Gennaio scorso, in seguito ad analoghe violenze che fecero oltre 300 morti, monsignor Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos, aveva chiesto ai capi religiosi di impedire che, quando si manifestano tensioni tra le comunità, la religione venga strumentalizzata: “Bisogna intervenire subito per cercare di riportare la pace, evitando di usare un linguaggio che inciti gli animi, e invece predicando la pace e la riconciliazione" aveva detto il presule. Non sono per ora noti particolari nè circostanze precise di quel che è accaduto ieri, anche se alcuni giornali ipotizzano una possibile rappresaglia dopo un attacco subito dalla comunità Fulani a Kuru; in molti sottolineano che i villaggi assaliti non hanno beneficiato di alcuna protezione da parte delle forze di sicurezza, che evidentemente non hanno saputo far rispettare il coprifuoco in vigore da Gennaio scorso. Chiedendo al popolo nigeriano di mantenere la calma e di non rispondere alla violenza con la violenza, il presidente ad interim Jonathan Goodluck ha annunciato che per il Plateau e gli stati vicini è stato deciso “l’allarme rosso” tendente a impedire il diffondersi delle tensioni. |